Ad ogni necessità il suo camice
Servizi Italia
06/11/2020
Lavanolo, 
Sterilizzazione tessili
Non solo medici e personale sanitario ma anche pazienti, visitatori e personale di servizio: all’interno di ospedali e cliniche vengono utilizzate molte tipologie di camici.
Foto dettaglio Insight Servizi Italia

Quando pensiamo a una struttura sanitaria di qualunque tipo, la prima cosa che ci viene in mente sono i camici di medici e infermieri che si muovono da un corridoio all’altro.

Nell’immaginario collettivo il personale medico si contraddistingue per l’abbigliamento, in particolare per il fatto di indossare un camice, simbolo di affidabilità e professionalità, oltre che garanzia di igiene e pulizia.

Ma il camice non è un indumento a uso esclusivo di chi lavora in ambito medico: chi ha la fortuna di non frequentare spesso questi luoghi per motivi di salute forse ignora che esistono tante tipologie di camici, destinate ognuna a un utilizzo ben preciso.

Hanno forme, materiali e caratteristiche molto diverse: alcuni sono lavabil e quindi riutilizzabili, altri infine sono monouso. Ed è proprio l’enorme incremento del ricorso a quest’ultima categoria che, con la recente emergenza sanitaria, ha sollevato più di un interrogativo sulla necessità di individuare delle alternative, vista la difficoltà da parte delle strutture sanitarie e delle aziende di raccolta rifiuti di smaltire una mole così ingente di materiale.

Quali sono, dunque, le tipologie di camici più comuni nel mondo sanitario? Vediamole una ad una.

Camici degente

Chi ha subito qualche operazione chirurgica sa bene di cosa stiamo parlando. Il camice degente è quel particolare indumento che viene fornito al paziente quando si deve recare a una visita specialistica, predisporsi per un’indagine clinica o un intervento.

  • Deve essere sufficientemente coprente per garantire l’adeguato confort e pudore nel tragitto dal reparto al centro di trattamento.
  • Deve garantire l’accesso facilitato ai punti di prelievo, quali polsi e avambracci, per un facile svolgimento delle operazioni sanitarie. Talvolta può avere la chiusura sul retro per favorire la vestizione dei pazienti allettati.
  •  Non deve avere elementi in metallo o altro materiale radiopaco che comprometterebbero l’esito di esami diagnostici come tac o radiografie.

I camici degente possono essere indifferentemente in materiale riutilizzabile o monouso.

I camici degente nell’emergenza Coronavirus

A seguito dell’emergenza Covid, i prezzi dei camici monouso sono cresciuti molto e la loro disponibilità di mercato è andata, invece, progressivamente calando: così, si è fatta strada da più parti l’idea di un prodotto con le stesse caratteristiche funzionali, di industrializzazione e confezionamento ma realizzato con un materiale riutilizzabile e ricondizionabilead esempio il TTR (Tessuto Tecnico Riutilizzabile).

Inoltre, durante l’emergenza, su richiesta di alcuni ospedali, i camici degente sono stati forniti anche ai pazienti Covid, in sostituzione di pigiami o camicie da notte; questa scelta ha permesso di evitare possibili contaminazioni incrociate causate dal trasporto verso le abitazioni private di materiale potenzialmente infetto.

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Camici visitatore

Per accedere ai reparti, agli ambulatori e alle sale operatorie, parenti e personale non direttamente coinvolto nelle operazioni sanitarie devono indossare un camice visitatore. Questo indumento serve per evitare la dispersione di particelle potenzialmente contaminate da e verso le persone che lo indossano.

Si tratta di un comune camice monouso, destinato a essere indossato per pochi minuti e poi buttato. Per questo è solitamente realizzato in TNT Tessuto Non Tessuto, precisamente SMS da 30 grammi a un velo: un materiale a basso costo, semitrasparente e non troppo resistente, ma perfetto per un tempo di utilizzo così limitato.

I camici visitatore nell’emergenza Coronavirus

La recente emergenza Coronavirus ha cambiato le carte in tavola. Abbiamo ancora impresse negli occhi le immagini di medici e personale sanitario in corsia, vestiti con semplici camici visitatore per fronteggiare la scarsità di altri dispositivi più idonei. Per compensare la non impermeabilità di questi indumenti, spesso vi sovrapponevano delle semplici mantelline di plastica a poncho.

Un utilizzo senz’altro improprio, in presenza di contatto diretto con il paziente, perché questi dispositivi non garantiscono alcuna protezione durante la movimentazione e il posizionamento di pazienti infetti. Ma un utilizzo giustificato dalle circostanze che, come tutti sappiamo, erano di estrema emergenza.

Anche il Tessuto Non Tessuto utilizzato per confezionare i camici visitatore ha subito un netto calo di disponibilità sul mercato e, conseguentemente, un brusco innalzamento del prezzo, sono valutate alternative nel mondo dei materiali riutilizzabili.

La richiesta è stata soddisfatta con l’introduzione sul mercato di camici totalmente in microfibra, estremamente leggeri ma resistenti alle sollecitazioni, con un’ottima vestibilità e totale copertura sia sul fronte che sul retro.

Sono camici antistatici, latex-free e, soprattutto, lintfree, ossia che impediscono la dispersione di microparticelle dal visitatore all’ambiente e viceversa, limitando così possibili contaminazioni incrociate.

Questi camici nascono quindi come specifici per il visitatore e sono di colore giallo, proprio per evidenziare la loro funzione specifica. Un camice di questo tipo è riutilizzabile fino a 80 lavaggi e, una volta arrivato a fine vita, può essere recuperato da una filiera di riciclo tessile.

Camici da contatto

Per la movimentazione del paziente infetto o presunto infetto, così come per le normali procedure di allettamento o rifacimento del letto, per le piccole medicazioni e le somministrazioni di farmaci, è bene che vengano utilizzati camici specifici, i cosiddetti camici da contatto o anche camici impervi.

Questi camici possono essere monouso o pluriuso.

Camici da contatto monouso

Quelli monouso sono realizzati in TNT Tessuto Non Tessuto (SMS) con una leggera spalmatura, all’interno o all’esterno, che li rende impermeabili. Da qui la denominazione di “impervi”, in quanto, in caso di contatto per brevi periodi, impediscono il passaggio di ridotte quantità di fluidi.

Data la non eccessiva presenza di fluidi nelle manovre sopra descritte, questi camici risultano un buon dispositivo per il contenimento delle infezioni da contatto.

I camici da contatto monouso nell’emergenza Coronavirus

Tuttavia, durante l’emergenza Covid-19, questi dispositivi hanno mostrato una forte criticità dovuta alla bassa resistenza meccanica e alla poca vestibilità.

Infatti, per questioni di costo, spesso vengono realizzati risparmiando sulla grammatura, la dimensione e la spalmatura, in modo da attestarsi giusto al limite della normativa di riferimento.

È chiaro che, nella concitazione delle fasi più acute dell’emergenza, questi camici tendono a rompersi e a scoprire grosse superfici degli operatori, esponendoli così a pesanti rischi.

Tutti noi ricordiamo bene di aver visto operatori sanitari con i camici totalmente aperti dietro la schiena, strappati e magari tenuti insieme da cerotti.

Una situazione rischiosissima perché, non essendo più integri, i camici da contatto perdono completamente la loro funzione protettiva.

Camici da contatto pluriuso

La risposta a questa necessità dettata dall’emergenza è arrivata con camici in microfibra a norma 13795.1 STD performance.

Chiamati anche camici Covid per distinguerli da quelli di Sala Operatoria, sono fondamentalmente molto simili a questi ultimi e hanno usi sovrapponibili: idrorepellenti, lintfree, antistatici, resistenti a trazione e scoppio, ad alta vestibilità e confort, traspiranti e nello stesso tempo leggeri.

Questo tipo di dispositivo medico è il risultato dello studio e la collaborazione di diversi produttori italiani che hanno unito materie prime, competenze e conoscenze per produrre un camice in linea con le richieste degli enti e la normativa vigente.

Le microfibre utilizzate e la foggia del capo, infatti, li rendono idonei a procedure di breve durata in presenza di bassa quantità di fluidi organici, al pari dei camici standard già in uso nelle sale operatorie.

Il camice pluriuso si è dimostrato funzionale e idoneo anche alla sterilizzazione e quindi è utilizzabile in rianimazione, per procedure in sterilità, come dispositivo medico sterile di classe I.

Sulla base delle differenti attività svolte, sono state prodotte due diverse tipologie di camici, proprio come per le situazioni di sala operatoria:

  • i camici Standard Performance (STD)- dispositivi medici sterili di classe I che rispettano la normativa vigente Uni En 13795.1 standard performance. Coprono interventi o prestazioni a bassa esposizione di fluidi e di breve durata.
  •  i camici High Performance (HP)– dispositivi medici sterili di classe I. Rispettano la normativa vigente Uni En 13795.1 high performance. Coprono interventi o prestazioni ad alta esposizione di fluidi e di medio-lunga durata.

Camici DPI

Infine, esistono i camici DPI III, prodotti sterili e non sterili. Dispositivi di protezione individuale di classe III e, in quanto tali, rispondenti alla normativa cogente di riferimento in merito all’adeguatezza del dispositivo al tipo di rischio presente nell’ambiente di lavoro.

Essendo classificati come DPI di terza categoria, proteggono il corpo di chi li indossa da rischi chimici e agenti infettivi che possono causare conseguenze gravi quali morte o danni irreversibili alla salute. Se non ricordate la classificazione dei dispositivi di protezione individuale vi consigliamo di rinfrescare la memoria qui.

Per questo sono particolarmente indicati per gli operatori medici addetti alla manipolazione di sostanze pericolose e per il personale addetto a operazioni di pulizia, manutenzione e smaltimento di prodotti chimici e agenti infettivi.